In questa rubrica scopriremo le curiosità legate al mondo dell’arbitraggio ed ai suoi elementi fondamentali. Oggi tocca ai Cartellini!
I cartellini sono uno dei due mezzi (insieme all’allontanamento) con i quali l’arbitro può far valere una delle sue facoltà direttive, quella disciplinare. Tralasciando le specifiche casistiche, se brandiamo un cartellino giallo (come fa il nostro Manganiello nella foto a fianco), sanzioniamo un fallo imprudente oppure un comportamento antisportivo. Se invece estraiamo un cartellino rosso, consideriamo il gesto appena perpetrato un grave fallo di gioco oppure una condotta violenta.
Tenendo conto della loro importanza, i cartellini fanno parte dell’equipaggiamento base di ogni arbitro effettivo. Esattamente come un pilota di Formula 1 non può correre senza casco, nessun arbitro potrà mai scendere sul TdG senza i propri cartellini.
Cartellini, Tutto merito del semaforo
Tuttavia, le sanzioni disciplinari non sono sempre state segnalate con il “giallo” e con il “rosso”. Anzi, la loro introduzione nel gioco del calcio è avvenuta meno di 45 anni fa, quasi un secolo dopo l’invenzione del gioco stesso!
Innanzitutto, cerchiamo di comprendere “come si faceva” prima dell’introduzione del cartellino. In caso di fallo o scorrettezza passabile di sanzione disciplinare, l’arbitro era tenuto ad avvisare verbalmente il colpevole attraverso un richiamo formale: secondo le fonti del periodo, la frase pronunciata dall’arbitro era “si ritenga ammonito” in caso di ammonizione e “si ritenga espulso” in caso di espulsione. Semplice quanto diretto.
Ciononostante, la comunicazione verbale riferita alle sanzioni disciplinari cominciava a stare stretta ad un calcio in evoluzione. La diffusione della televisione aveva messo in discussione molti dei cardini originari del gioco ed alcuni di questi aspettavano un “casus belli” per essere stravolti: in questo caso fu l’espulsione di Antonio Rattín da parte dell’arbitro Rudolf Kreitlein durante Inghilterra – Argentina, valevole per i Mondiali di calcio edizione 1966. Nonostante le insistenze di Kreitlein, il giocatore argentino si rifiutò di allontanarsi dal terreno di gioco per ben 11 minuti, finché Rattín, dopo ripetute rimostranze, abbandonò il campo.
Questo episodio fece sorgere molti dubbi sulla reale efficacia dell’allotanamento “verbale” e per anni si cercarono soluzioni alternative. A gridare Eureka fu il celeberrimo arbitro inglese Ken Aston: si racconta che l’oggetto che lo ispirò fu il semaforo, e da questo mutuò la organizzazione cromatica e dunque significato che i colori giallo e rosso avevano nel semaforo stesso. Così come nella viabilità il giallo invita alla prudenza ed il rosso allo stop, così sarà nel gioco del calcio.
L’idea proposta da Aston fu da subito ritenuta geniale, venendo introdotta a livello mondiale, dopo una fase di test nelle serie inferiori inglesi, durante i Mondiali del 1970 (i primi a “colori”, l’introduzione del cartellino fece al caso di questa grandissima innovazione) e inserita nel regolamento in maniera ufficiale nel 1973.
Un’invenzione storica
Come spesso accade, il calcio fece da apripista per gli altri sport che ora adottano questo metodo di segnalazione, come hockey e volley, ed ancora oggi l’invenzione dei cartellini è forse una, se non la, delle più importanti introduzioni nell’ambito dell’arbitraggio, soprattutto in termini di efficacia ed impatto sul gioco del calcio stesso.